Lolalalila


"Lolalalila"di Roberto Proietti.
Roma 2000.
Troppi anni fa c'era una ricciolina dagli occhi azzurri come l'estate che abitava dove abitavano i nostri avi. Passava le giornate fra la casa e la spiaggia, dove raccoglieva conchiglie. Non a tutti piacevano le conchiglie, perché a molti facevano venire in mente il loro contenuto. Lolalalila lo sapeva, così faceva vedere solo quelle tanto vecchie e ammaccate da apparire irriconoscibili.

A Lolalalila avevano detto:

– Vedi, le conchiglie sono come noi, non come gli alberi e l'erba. Come tu hai i riccioli, così i molluschi avevano i loro gusci.

– E dove sono i molluschi che avevano i gusci? – chiese la bimba.

– I molluschi non ci sono più, gli è capitata una cosa molto brutta. Quello che è capitato ai molluschi è tanto brutto da rendere orrendo ai nostri occhi anche i loro involucri. Non avertene a male, Lolalalila, ma per molti di noi le cose stanno così!

Lolalalila trovava che le conchiglie erano una diversa dall'altra. E siccome una volta la mamma l'aveva messa in castigo per le lamentele dei vicini che proprio non sopportavano la vista di quelle forme orrende che gli ricordavano la propria vulnerabilità, Lolalalila teneva le conchiglie da parte in un posto che conosceva solo lei.

Un giorno andando nel bosco trovò ben tre conchiglie che non aveva mai visto: una dai colori cangianti dell'azzurro, una a forma di occhio e una terza tanto liscia da sembrare fatta dall'uomo. Le portò in un posto particolare, dove molti aghi di ginepro formavano un tappeto compatto. Lolalalila rimosse le foglie dal suolo e vi scavò una piccola fossa. Poi prese le tre conchiglie, le avvolse in un involucro, le sotterrò e le ricoprì del terriccio e delle foglie rimosse. Aveva delle mani talmente sensibili alla materia da far apparire intatto qualsiasi terreno pigiasse con le dita.

Sapendo di questo astio degli uomini per le conchiglie, cominciò a disegnarne le forme in segreto, diventando abile a rendere le profondità e i rilievi dei gusci, le spirali e le imboccature. E come ombre e rilievi di conchiglie erano i rilievi e le pieghe dei visi umani, in miniatura, lievi ombre colorate che recavano i segni delle movenze dei visi, i loro momenti di sconforto, le loro gioie e allegrezze ripetute con quotidiana fioritura. Chiunque la conosceva sapeva che Lolalalila era un'abile disegnatrice, e spesso le signore e i signori del vicinato andavano da lei, si toglievano i vestiti e si facevano ritrarre nella loro naturale nudità. Lei li raffigurava nei modi più vari, fedele a quel detto che vuole che ciò che vediamo con l'occhio nudo è raddrizzato miseramente dall'occhio della mente. Ma a coloro meno addentrati in se stessi, meno versati alla sensibilità di tinte ed evocazioni pittoriche, Lolalilala faceva dono della sua arte di ritrarre le ombre e le luci del momento, regalandogli un disegno che sembrava stampa fotografica in carboncino, di modo che se ne andassero via contenti coi loro ritratti da esporre negli ampi soggiorni delle loro case.

Segretamente disegnava conchiglie.

Erano passati tanti anni da quando era solo una bambina e tutti ora la conoscevano come una delle persone più squisite del bosco. Non mancavano mai di invitarla alle proprie riunioni e si mostravano l'un l'altro i disegni e i dipinti che Lolalalila aveva fatto loro. Nessun artista di tutto il pianeta sapeva disegnare così meravigliosamente come Lolalalila.

Durante le sue passeggiate Lolalalila guardava la spiaggia e il mare. Conosceva tanto bene le conchiglie da accorgersi delle diverse forme nello stesso genere. Raccogliendole e studiandole negli anni, si accorse che erano mutati il mare e la terra che le riceveva.

A un amico che conosceva questa sua segreta passione per la natura confidò un sospetto: – L'uomo sta distruggendo il mare!

Il suo viso era tirato e gli occhi lucidi come la pietra bagnata dai marosi. Sotto i suoi occhi l'amico vide trasparire alcune rughe fitte e sottili che non aveva mai notato.

– Che dici, Lolalalila? – cercò di dissuaderla l'amico. – L'uomo ama la vita! Non farebbe mai una cosa simile!

Lolalalila lo guardò perplessa.

– Vieni, ti faccio vedere, – disse all'amico appoggiando la tavolozza su un sasso, e lo condusse con sé dove conservava le conchiglie. L'amico raccolse i vestiti e la seguì preoccupato. Giunti in un breve spiazzo del bosco, occultato da bassi arbusti, Lolalalila prese a scavare nel terreno e ne trasse alcuni involucri di panno ripiegato. Li svolse. Il giovane si trovò davanti una miriade di gusci di tutti i tipi, divisi in settori. Li guardò inorridito.

– Vedi queste conchiglie, Marmì? – chiese Lolalalila. – Sono dello stesso tipo e hanno la stessa età. Sono giovanissime!

– Come fai a dirlo? – chiese Marmì.

Lolalalila gli spiegò come si contano gli anni nella conchiglie, gli fece vedere le spirali e le increspature, i riflessi dei colori alla luce del sole. Marmì era perplesso, non ci capiva niente. Ma una cosa la capiva, che Lolalalila si stava mettendo in un grosso guaio.

– Butta via quella roba, Lolalalila…! – implorò Marmì guardandosi alle spalle per paura che qualcuno, passando, potesse vedere quei macabri resti.

– Perché, Marmì? Lo capisci? Uccidono le creature nel mare! – disse Lolalalila caparbia e indispettita. E le tornò negli occhi lo sguardo fiero e combattivo che Marmì, come chiunque altro nel bosco, conosceva bene, e di cui, come chiunque altro, era fiero. Ma in quel momento la fierezza cedeva alla paura e Marmì avrebbe desiderato che quello sguardo di ghiaccio infiammato non le palpitasse sul viso. Avrebbe dato qualunque cosa per vederla calma e serena, con i capelli ondeggianti nel vento e gli occhi celesti come il sereno sul mare.

– Butta via quei gusci, Lolalalila! – ripeté Marmì più deciso, ma senza alcuna speranza. Rimase a guardarla dispiaciuto. Gli occhi di Lolalalila, come d'incanto, si rasserenarono. Gli si strinse al braccio e lo baciò con calore sulle labbra, lungamente, decisamente, come se in quell'asterisco il tempo fosse fuori del tempo, e il rumore del mare una musica dimenticata, assente. Marmì conosceva quei baci. Quando l'uomo non è più mortale, né immortale, quando la morale del mondo è l'incubo ossessivo dei muscolosi infelici, quando lo spirito pulsa nella carne, e carne e spirito sono tutt'uno con l'anima. Quando la madre porge il seno al figlio che non sa che un giorno diventerà uomo fra gli uomini, o salirà, terrorizzato dall'abisso della propria missione, Calvario e croce. Ma la madre sa, fin dal primo momento, Calvario e croce, e silenziosa porge il caldo grasso morbido umido seno alla propria creatura. Così Lolalalila baciava il suo giovane amico, finché, d'improvviso, staccandosi dalle sue labbra, gli scompigliò affettuosamente i capelli. Marmì rimase spaesato a guardare il mare alle sue spalle, con le labbra ancora intenerite dal bacio di Lolalalila. Fece pochi passi in disparte, sull'alto promontorio a strapiombo sul mare, poi tornò da Lolalalila e la prese sotto il braccio.

– Ricopri tutto, Lolalalila! Si fa tardi, – le disse. – Dimentica quello che hai scoperto! Tienilo per te! Ti prenderebbero per pazza altrimenti, – aggiunse, proseguendo il cammino verso casa.

– Sono convinta che c'è di peggio, che noi non viviamo per sempre… o almeno, non ciascuno di noi. E che, con l'illusione di vivere per sempre, non si viva affatto, – disse Lolalalila desolata, con un filo di voce che pareva un mormorio.

Marmì la guardò triste e imbarazzato. L'accompagnò fino a casa, poi, preso da lugubri pensieri, si diresse a casa propria.

La sera c'era una festa nel bosco, piena di luminarie, ridanciana e chiassosa. Dall'ampia radura le luci trapelavano nel fitto bosco attraverso lo sparso fogliame. Più oltre, nel buio, il mite rumore di foglie tremolanti si distendeva incantevole, attratto da un punto in cui ardeva gioioso il cuore umano. Nella grande casa sulla radura, Marmì guardava Lolalalila ridere e scherzare, passare dalle braccia di un uomo al viso di un altro, ballare e amoreggiare forsennata come non l'aveva vista da molto tempo. Ma, dopo il colloquio di quella mattina, conoscendola, trovava affettata l'esibita allegrezza dell'amica, come fosse accesa di una luce tetra, che non preannunciava nulla di buono. Lolalalila era troppo disponibile al riso e allo scherzo per essere veramente in sé, benché, in genere, ridesse e scherzasse volentieri in compagnia, e non fosse in alcun modo timida. Ma quel suo fare sembrava dettato dal desiderio di liberarsi di un peso che aveva tenuto troppo a lungo per sé sola, come una sorta di liberazione. E Marmì sapeva di che peso si trattasse.

Il giorno dopo, nel pomeriggio, gli abitanti del bosco erano in tumulto. Setacciavano fra i castagni e molti si dirigevano alla dimora di Lolalalila per vedere cosa facesse. Lolalalila non era in casa, passeggiava solitaria fra gli alberi pensando a quello che gli uomini andavano facendo a se stessi.

Quando trovarono le conchiglie il tumulto fu irrefrenabile. Entrarono nella casa di Lolalalila e, non trovandola, la cercarono dovunque nel bosco e sulle rocce a strapiombo sul mare.

Lolalalila aveva tenuto viva l'idea della morte attraverso i gusci, un ricordo degli avi che per gli uomini immortali era diventato una insopportabile offesa alla loro più recente e grande conquista. Era una pazza o era malvagia?, si chiesero in molti: tutti la conoscevano per una persona tutt'altro che squilibrata, dotata anzi di virtù che molti di loro avevano sempre ammirato.

Marmì la vide entrare in uno spiazzo del bosco scortata da uomini e donne. Più si avvicinava e più le persone intorno a lei si facevano rade e mature, finché soltanto i più anziani le erano intorno.

Prima di entrare nella grotta, Marmì vide il suo volto distrutto dalla stanchezza e dal dolore. Ma in quel volto segnato dalla sofferenza riconobbe i tratti del viso che aveva sempre conosciuto, gli zigomi ampi e la delicata fattezza del mento, le labbra volitive e carnose che ora apparivano come illividite e sottili. E per un attimo credette di indovinare nei suoi occhi lo sguardo fiero e combattivo di sempre. Poi la grotta si chiuse silenziosamente, e di Lolalalila non si seppe più niente.

Roma, 2000

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[riferimento editoriale:
D'Ugo, Nicola, "Lolalalila", Notizie in... Controluce, n. IX/9, settembre 2000, p. 19-20.]